La parte in denaro che un capitalista deve investire per cautelarsi da eventuali rischi o danni dai quali potrebbe essere colpito, rientra per lo più direttamente all'interno delle spese generali che il capitalista fa per avviare il processo di valorizzazione del suo capitale. Tra le sue spese egli deve infatti annoverare sia quelle che riguardano l'acquisto di forza lavoro viva, sia il denaro impiegato nell'acquisto di materie prime e degli strumenti necessari alla produzione: una parte deve essere però aggiunta a questa somma, ed è quella che si riferisce alla quantità di denaro che deve essere risparmiata inizialmente onde premunirsi da eventuali danni e perdite di valore e di redditività da parte del macchinario o delle materie prime. Nel calcolo cioè per stabilire la quantità di capitale necessaria all'avvio del processo produttivo, va inclusa quella parte che deve riparare ad eventuali incidenti che, non previsti economicamente, potrebbero arrecare grave danno al processo complessivo.
La quota assicurativa in questo caso viene ad essere una spesa necessaria anche se non deriva da un impiego diretto nel processo di produzione: la sua necessarietà deriva dal carattere più o meno "rischioso" della riproduzione del capitale, dal momento che possono verificarsi casi in cui un danno alla qualità della materia prima o all'efficienza del macchinario potrebbero creare impacci insormontabili alla valorizzazione del capitale. La quantità della parte devoluta inizialmente (cioè alla ripresa del processo produttivo) onde assicurarsi dall'eventualità di rischi, deve essere calcolata in maniera da ricoprire le spese di riacquisto o rimessa in opera delle condizioni oggettive necessarie al normale funzionamento del processo produttivo complessivo.
La specializzazione dell'istituto assicurativo proviene come momento di autonomia di queste stesse funzioni già descritte. La sua possibilità (cioè a dire, il fatto che esso possa sussistere e che vi possano essere capitalisti che investono nelle assicurazioni) deriva dalla enorme estensione dei beni capitali da assicurare, nonché dal rapporto tra incidenti previsti e incidenti effettivamente avvenuti. Se infatti il numero degli incidenti fosse uguale o maggiore del numero degli incidenti previsti, sarebbe allora impossibile trarre un utile economico dall'investire i propri capitali negli enti assicurativi. La realtà è invece diversa: le assicurazioni private possono infatti per lo più garantire ai propri azionisti una quota parte del profitto complessivo che deriva loro dal rapporto tra quantità pagata di polizze da parte di chi voleva essere assicurato rispetto alla quantità che è stata sborsata e spesa per ricompensare i danni effettivamente avvenuti.
Ne deriva allora che possono sussistere degli Enti la cui mansione rimane quella di proteggere con i loro capitali gli assicurati: da questo rapporto, questi ultimi risulteranno protetti, mentre i primi riceveranno utili economici nella misura in cui saranno capaci di sborsare meno di quanto hanno ricevuto dagli assicurati. Oggi le assicurazioni tendono a svilupparsi sempre di più e a riempire i vuoti lasciati ancora alla casualità del "rischio". La assicurazione a favore dei contadini è diretta a garantire al lavoratore agricolo il diritto al provento del suo lavoro anche nel caso che piogge, grandinate e incendi possano arrecare danni gravi o irreparabili al suo raccolto.
È infatti evidente che solo un sistema assicurativo che cauteli effettivamente il lavoro contadino può dare ad esso la garanzia di un'attività vantaggiosa e non affidata all'incertezza delle stagioni e delle condizioni naturali. Così come è evidente l'importanza che l'assicurazione viene a svolgere per quello che concerne l'attività marittima e commerciale in genere. La possibilità di assicurare sia la nave, sia il nolo, sia il carico di un certo viaggio, rende molto meno incerte le attività marittime sotto il profilo economico, contribuendo perciò a dare maggiore spazio all'attività marittima nel suo complesso.
Altro tipo di assicurazioni sono quelle che si riferiscono alla vita, alle malattie, agli incidenti sul lavoro. Risale al lontano 1681 la prima legge tendente a garantire i lavoratori dai rischi della propria attività: il Colbert, ministro di Luigi XIV, stabilì una forma di assicurazione per i lavoratori marittimi. Nei secoli successivi si affermò invece un vero e proprio sistema assicurativo riguardante tutto il complesso dei lavoratori. Il primo sistematore e sostenitore dell'opportunità di un equo complesso assicurativo fu il Bismarck, ministro dello Stato prussiano.
Nel 1883 una legge obbligava all'assicurazione delle malattie, e nel 1889 veniva regolata l'assicurazione per la invalidità e vecchiaia. Questo processo fu comune a tutti i paesi europei dalla Francia all'Inghilterra ecc. Lo scopo che queste legislazioni tendono per lo più a prefiggersi è determinato in primo luogo da una esplosività delle tensioni sociali riferita soprattutto a questi temi specifici. L'alta, e altissima, percentuale di invalidi sul lavoro, così come la totale mancanza di un sistema cautelativo per i lavoratori una volta che si fossero ammalati, rendevano pressante la protesta delle masse operaie e lavoratrici in genere.
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